La morte non fa sconti a nessuno. Forse è per questo che anche un uomo avido e arido come Settimo Panieri sente il bisogno di alleggerirsi l'anima prima che lo trascini a fondo per l'eternità. La statua in bronzo che giace nella sua cantina fu pescata quarant'anni prima nelle acque di Ventotene. Ora è arrivato il momento di restituirla al legittimo proprietario: lo Stato italiano. È a suo figlio Ludovico che affida questo compito, ma un tesoro di quella entità può risvegliare appetiti poco leciti, specialmente in un rettore universitario di grandi ambizioni disposto a tutto pur di conquistare il potere vero. Che trova una preziosa alleata in una ragazza tanto bella quanto pericolosa. Ma manca ancora un tassello: la statua è priva della testa, andata perduta chissà quando. Solo ritrovandola, Ludovico potrà dare seguito ai suoi piani. Il 31 dicembre di due anni dopo, a Camogli, il mare restituisce un'altra sagoma fredda e rigida: il cadavere di Marietto Risso, pescatore anarchico cui ultimamente la vecchiaia aveva tolto un po' di lucidità. L'ipotesi del suicidio, comoda per molti, non convince il commissario Marco Luciani. Non che abbia tutta questa smania di indagare su un omicidio l'ultimo dell'anno, ma dall'alto del suo metro e novantasette ha la presunzione di vedere un po' più lontano degli altri. L'indagine, tra identità celate, nuove morti e sospetti che si avventurano in acque non protette, lo porterà a Ventotene, a una storia vecchia di quarant'anni che, come Marietto, chiede ancora giustizia.
"Si va in montagna per essere liberi, per scuotersi dalle spalle tutte le catene che la convivenza sociale impone, per non inciampare ogni due passi in imposizioni e proibizioni. Si va in montagna anche per sottrarsi a norme ammuffite, per sbizzarrirsi una buona volta e immaginare nuove energie"(Tita Piaz)
Un albero sotto i raggi del sole, un sasso segnato dalle intemperie, un animale, una montagna: tutti hanno una vita, una storia, vivono, soffrono, affrontano i pericoli, godono, muoiono. Ma non sappiamo il perchè. (H. Hesse)
"Si vive sinché s'impara. Sinché s'impara la morte è lontana; la morte viene quando hai cessato d'imparare. In quelo momento comincia il lento suicidio della memoria [...]. Non vuoi novità. Le cellule si spengono una ad una. Il cervello s'inabissa perché non ti serve più, ma hai deciso tu che non serve più. Il corpo non risponde. Se decidi che non hai più nulla da imparare, il corpo smette di servirti."
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